Inno corale ai Santi Cosma e Damiano

Il testo di questo inno si propone come interpretazione dell’antico Hymnus latino dedicato ai Santi Medici “Si vis fulgentis limina”; per questo motivo viene talvolta chiamato “Antico Inno” ma, essendo stato composto dal M° Erasmo Ciano negli anni ‘50, è di fatto più recente rispetto a quello del Pimpinella. La traduzione italiana, mantenendo l’originale struttura innica liturgica, richiama i cinque martiri e si conclude con la triplice lode alla Trinità.

1. Se vuoi di vita al termine
in cielo essere accolto,
i Santi invitti supplica,
popol di Dio fedel.
Non essi un dì di Lisia
turbò il fremente volto,
e, in mar sommersi, liberi
li trasse a riva il Ciel.

2. Non a piegarli valsero
sassi, croce, torture;
né il fuoco, in largo crepito,
lederne i corpi ardì.
Il collo ai Santi intrepidi
recise al fin la scure,
e i Martiri ad accogliere
festoso il Ciel s’apri.

3. Fugge al lor Nome, pavido,
lo spirito infernale
e il Ciel benigno schiudesi
degli uomini al sospir.
Al Padre Dio sia gloria,
e al Figlio gloria uguale,
così come al Paraclito,
oggi e nell’avvenir.

 

 

Inno ai Santi Cosma e Damiano

Il testo di questo inno, attestato già nei primi anni del Novecento, è del canonico don Paolo Pimpinella, mentre si ignora l’autore della melodia il cui stile però rispecchia la tecnica compositiva innica di fine XIX secolo. La partitura più antica ad oggi pervenuta è per banda da marcia, dalla quale il M° Cosmo Percuoco ne ha ricavato una trascrizione per pianoforte, datata 27 settembre 1948. Il testo, composto da otto strofe, ripercorre le gesta ed il martirio dei santi Cosma e Damiano.

1. Negli estremi confini d’Egea,
dell’Arabia nell’arse contrade,
come gigli in amena vallea
vostra vita alla luce spuntò;
e qual stelle la diva pietade
in quell’ora ai mortal vi donò.

2. Non per voi, ma per l’alme viveste
dei fratelli da Cristo redenti,
or gli spirti alla fede traeste,
or dei corpi leniste il dolor;
non periglio vi tenne: era ardente
e perenne la fiamma d’amor.

3. Molto amaste: e d’amore sì grande
la divina, l’eletta fragranza
quinci e quindi leggera si spande
sì che il fiero demòne fremé;
e con nera, infernale baldanza
nuovi assalti osò darvi alla fé.

4. A chi tenti la fede di Dio
torre in petto, o crudele tiranno?
Cessa ormai da consiglio sì rio.
A che aggiungi flagelli a flagel?
Che di Cosma e Damiano saranno
scudo invitto agli aiuti del ciel.

5.Tutto è vano: i supplizi e le pene
sono gioie per alme si forti;
Iddio regge i lor cuori, e la speme
d’un supremo ed eterno regnar;
speri invano che restino assorti
dalle fiamme voraci o dal mar.

6. Né la croce e le pietre lanciate
dagli sgherri dell’empio tiranno,
né le fetide celle interrate,
dove Lisia in furor li cacciò,
a piegar la costanza varranno,
che in cuor loro la fede fermò.

7. E, allorquando la scure fatale
sulle chine cervici discese,
le loro anime in volo trionfale
alla Patria celeste salir;
e là, in splendida porpora accese,
alle schiere dei Santi s’unir.

8. O fratelli di sangue, di fede,
di martirio, di gloria immortale!
D’un aiuto quest’alma vi chiede,
o celesti Patroni, e l’avrà;
e, di fede librata sull’ale,
su nel cielo a godere verrà.